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Simona Laurini
12 Dicembre 2014
Il mio cancro: luci e ombre dei miei ventisette anni Ultimo ciclo di chemio “rossa”, un altro ennesimo sforzo per me, il colpo mortale per te. Sapevo che i successivi tre giorni sarebbero stati per me un inferno di nausee, vomito, mal di testa, stanchezza. Ma l’inferno non era solo per me, anche per te e per le tue cellule. Stavo annientando ancora una volta il tuo intento di crescere dentro di me. Quando mi hanno chiamata per la chemioterapia, sono entrata nella solita stanza, piccola ma piena di vita, di speranza, di racconti, di medicine, di cerotti, di disinfettante. C’era odore di chemio. Mi ricordo che le prime due chemio avevo l’abitudine di fissare la flebo e la guardavo scendere goccia a goccia. Alla terza ero nauseata e a stento riuscivo a guardarla per vedere la fine. All’ultima ero talmente assuefatta che non riuscivo neppure a guardarla. Eppure quella medicina stava salvando la mia vita. Eravamo in tante, come sempre, l’una accanto all’altra. È bello stare vicino, come un cordone, una catena che non può spezzarsi. Quel giorno accanto a me c’era una ragazza bionda. Quel giorno è iniziata la nostra amicizia. Lei ha ventisei anni, io ventisette. Non so quanto sia diversa da me, non so le sue passioni, non conosco il suo passato, ma in comune abbiamo gli stessi pensieri, lo stesso obiettivo, gli stessi dolori, in comune abbiamo il cancro. A ventisette anni si ride per una battuta di un amico la sera in comitiva, si ride quando si va al mare con gli amici, si va a Trastevere ai pub a fare tardi la sera. Noi no, noi ridiamo perché la mia flebo scorre sempre più veloce della sua, ridiamo perché ci stanchiamo a fare tre piani di scale, ridiamo perché ci fa male il sedere quando facciamo le punture, ridiamo perché i miei punti di sutura non si rimarginano mai, ridiamo perché la sua emoglobina è sempre bassa. Noi abbiamo l’ansia ogni volta che arrivano i risultati delle nostre analisi del sangue e delle nostre risonanze. Noi ci sentiamo quando abbiamo un sintomo o un dolore diverso dal solito per vedere se è normale. Il cancro ti cambia la mente e il corpo, il cancro ti cambia i pensieri, il cancro ti cambia il modo in cui guardi gli altri, il cancro ti fa conoscere un mondo parallelo, un mondo di cui non sapevi nemmeno l’esistenza: è il mondo dei reparti, è il mondo di medici che fanno di tutto per i loro pazienti e di infermieri che sono angeli. È il mondo delle persone che stanno male, che soffrono, che combattono, che sperano, che vivono la vita più intensamente degli altri. Non ho scelto di avere il cancro, ma ho scelto come combatterlo. Ho scelto di sorridere, sempre. Ho scelto di sorridere della mia perenne stanchezza, ho scelto di sorridere dei miei dolori, della mia testa senza capelli, ho scelto di farmi fotografie senza foulard sulla testa, ho scelto di continuare a mostrarmi per quella che sono. Ho ventisette anni e ho il cancro. Ad oggi continuo a combattere la mia battaglia e preparo il mio matrimonio. Si, perché accanto a me ho un uomo splendido che ha scelto di restarmi accanto anche dopo due soli mesi di fidanzamento. Molti mi dicono che è scontato che lui avesse scelto di farlo. Per me non è scontato. Scontato non è niente su questa terra piena di luci e ombre. Il cancro è ombra, la mia famiglia è luce, il mio fidanzato è luce, i medici e gli infermieri sono luce, la mia cara amica è luce. Ad ogni modo c’è più luce che ombra nella mia vita.