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Wilma
19 Luglio 2019
"Guerriera". Questo termine spesso l'ho ritrovato associato alla mia persona dopo che un sabato mattina facendomi una banale doccia ho trovato "qualcosa" che lì non doveva esserci. Non è un termine con il quale vado molto d'accordo. Sono dell'idea che chi combatte una guerra ha deciso di farlo. Quando ti viene presentata una sentenza che inequivocabilmente porta il nome di cancro... beh.. tu non hai deciso di averlo dentro di te. Quando la tua vita subisce un forte scossone, semmai tu decidi di trovare un modo per affrontare al meglio il brusco cambio. Provi con tutte le tue forze a non farti abbattere da quella parola che sa tanto di morte. Scopri di avere una forza di spirito che non sapevi minimamente di possedere. Focalizzi la scritta "uscita" e procedi in quella direzione. Perché di altre ipotesi non ne vuoi sentire parlare. Ho scoperto di avere il cancro al seno di tipo triplo negativo, mutata brca1, due anni fa. Avevo 28 anni, tanti sogni, una routine scandita dal lavoro, uscite con le amiche e l'idea che le cose brutte avvengano sempre lontano da te. In questa foto sono con Wilma. La mia parrucca. Al diciasettesimo giorno dopo la prima di quattro chemioterapie (più 12 chemioterapie di taxolo). La "rossa". La temibile. Riguardo questa foto e mi rivedo così bella, così piena di luce, così energica... così piena di voglia di vivere. I giorni... le settimane... i mesi a venire sono stati duri… anzi durissimi. Le occhiaie viola sempre presenti, il volto e il corpo gonfio, la testa priva dei miei inconfondibili boccoli.. "un microchip" (come piace chiamare a me il port) che mi permetteva di affrontare le sedute di terapia con meno sofferenze... niente era più come l'immagine che ero abituata a vedere. Non riconoscersi più allo specchio è stato l'ennesimo duro colpo. Questo però avveniva per poche ore al giorno perché io a quel male così infame non potevo permettergli di manifestarsi in quel modo così palese. E allora via libera a accessori colorati e chiassosi, rossetti delle più sgargianti sfumature, turbanti vivaci e grintosi, abiti lunghi fluttuanti, ciglia finte con la calamita. E il sorriso sempre presente. Il cancro si era già preso la mia ingenuità e spensieratezza. Non doveva prendersi anche la mia gioia e allegria. Agli occhi di molti il mio "agghindarsi" era visto come una frivolezza. Spesso questa idea veniva manifestata con frasi di poco effetto tipo "ah ma allora stai bene!". Come se avere il cancro potesse impedire a una ragazza di truccarsi e vestirsi in modo particolare. Era il mio modo di aggrapparmi alla vita. Alla mia vita. Il passaggio successivo è stato l'intervento di mastectomia bilaterale. E così il cancro mi ha fatto sentire meno donna. Mi ha separato da quella linea sinuosa del mio corpo che mi faceva sentire femminile. Accettarlo è stato difficile. Lo ammetto. Lo è ancora. Nonostante l'intervento di ricostruzione ci sono ancora giorni che faccio fatica ad accettare quelle cicatrici. Quelle forme perfette. Ma ci sono anche giorni che guardo il mio corpo nuovo, i miei capelli nuovi... i miei occhi nuovi (eh già perché sono cambiati anche loro... nel profondo) e sono orgogliosa di come ho gestito il vortice che mi ha trascinato via dalla normalità. Guardo quei segni indelebili e mi inorgoglisco. Sono segni che mi hanno permesso di capire quanto la vita sia importante. Quanto i piccoli gesti fanno la differenza. Quanto speciali sono le persone che mi circondano. Quanto sia necessario allontanarsi dalle persone che non ti fanno bene. Quanto il nostro sistema sanitario sia ricco di angeli con il camice bianco. Quanto arrabbiarsi per futili motivi non ha senso (ogni tanto però "cado in tentazione" e mi arrabbio). Quanto è importante avere cura di noi. Quanto, come dico sempre io, è importante splendere... abbagliare tutte le avversità. Il cancro è tremendo. Fa paura. Ti toglie molto. Ma in un certo senso, se vuoi provare a guardare il lato positivo... (è difficile) beh... è strano da dire... ma ti fa capire quanto TU sei importante. Nonostante tutto. La vita è meravigliosa.