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Paola De Martino
17 Febbraio 2016
E’ trascorso poco più di anno da quando l’ho scoperto ed è stato un colpo: 34 anni, lontana 800 km da casa e con le luci natalizie per le strade. Mi sono DISPERATA. E’ vero che le cure ci sono e tutto si risolve, come mi hanno ripetuto più volte, ma in quegli attimi ti passa la VITA davanti e vuoi soltanto non farla fuggire via senza fare nulla. E’ così che mi sono trovata a lottare con tutte le forze contro un TUMORE. Ho cercato di conoscerlo meglio, mi sono informata, ho incontrato medici: il nemico va guardato negli occhi con CORAGGIO per poterlo combattere. E di coraggio ce ne vuole tanto per dire “ok, adesso che si fa?”. Il mio 2015 è stato l’anno della lunga BATTAGLIA. Mi piace dire che è stata una battaglia, e quindi una VITTORIA, corale. Devo molto a me stessa ma sicuramente la mia famiglia e le persone più care sono state di grande AIUTO, ciascuno INDISPENSABILE a suo modo. Nonostante le perplessità di chi mi voleva al sicuro a casa con mamma e papà, ho scelto di restare nella città dove lavoro, cercando la normalità ed evitando di mettere quell’ospite sgradito al centro di tutte le mie giornate. Così a raggiungermi sono state mia madre e mia zia: io, che la conosco, mai avrei immaginato mia madre su un treno andare su e giù per l’Italia! Eppure l’ha fatto, per me! Tutto ciò che inizialmente sembrava impossibile si è piano piano concretizzato nonostante i tanti momenti difficili, i cambi di programma, il male fisico, la testa che non c’era, lo sconforto, le delusioni, la stanchezza. Cicli e cicli di chemioterapia, alla prima seduta sono addirittura svenuta dopo pochi secondi. Ho riso di me stessa senza più un capello (ovviamente dopo aver pianto), ho cercato di valorizzarmi per non vedermi troppo diversa, mi sono perfino dedicata alla cucina per distrarmi e mangiando più sano sono pure dimagrita qualche chilo, il che non guasta! Poi, due interventi chirurgici, massaggi linfodrenanti e tantissima PAZIENZA. Quando c’è stato da fermarsi l’ho fatto, mi sono scontrata con i miei limiti e ho scoperto una forza che non pensavo di avere. Quindi, non voglio dimenticare nulla, non cancello questo periodo. Annoto i risvolti positivi di ogni situazione e ricordo anche tanti momenti belli: ho SORRISO e mi sono divertita con le persone che hanno desiderato starmi vicino. E’ lì che è cresciuta la mia forza, è venuta fuori proprio grazie agli altri… è nata da parole e gesti dettati dal loro affetto. Hanno fatto parte della terapia… la dolcezza di mio nipote, le telefonate con la mia migliore amica, il SOSTEGNO di tutta la mia famiglia, le passeggiate solitarie, le uscite, la positività dei medici e il sorriso allegro delle infermiere. Se non ci sei dentro non puoi capire, se non stai accanto ad un malato giorno per giorno non puoi immaginare. Anzi, pure se ci vivi accanto puoi sapere, vedere, assistere ma non comprendere fino in fondo. Ci sono stati d’animo che non si riescono a spiegare neanche a sé stessi. Si impara a convivere con la sofferenza, con le PAURE; ora che il peggio è passato e i capelli son cresciuti si cerca di prevenire mentre le cure continuano e non si ha alcuna certezza su quello che sarà. Posso solo SPERARE che vada sempre meglio. Dopo un anno penso che qualcosa è cambiato, è il DOLORE che inevitabilmente ti scompiglia: non so se mi ha resa migliore ma di sicuro, se ce ne fosse stato bisogno, mi sono resa conto di quali sono le cose importanti, le persone che contano e quelle che è meglio lasciarsi alle spalle. Ho capito che la vita è troppo breve e bella per fare cose delle quali non si ha voglia, per stare con persone che al primo problema ti voltano le spalle, per fare del finto buonismo. Tante volte mi sono chiesta, senza fare del vittimismo, “perché è capitato a me? e perché adesso?” Forse mi ci voleva una scossa, un brusco momento di pausa in cui riflettere su me stessa e la mia vita. Ho capito che si deve lottare per ciò che si desidera, per stare bene, per VIVERE e non sopravvivere passivamente. Beh l’ho capito, certo, devo solo concretizzare un po’ meglio :)