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Marilena Abbiati
8 Dicembre 2016
Era la sera del 15 maggio 2006… sì sono passati ormai dieci anni ma il ricordo è indelebile. Per puro caso sento una pallina grande come un’ oliva e nel cervello passa veloce come un fulmine una parola: TUMORE. Altrettanto velocemente, come è entrato ,il pensiero se ne va, sostituito da mille altre giustificazioni: IL CICLO E’ VICINO, SARA’ UNA GHIANDOLA; FIGURATI E’ TROPPO GROSSO… SAREI GIA’ MORTA. Invece… buona la prima. Venivo da una brutta storia di separazione da mio marito, avevo già pagato il conto alla vita, almeno così credevo, stavo a poco a poco rinascendo e sono finita nel baratro un’altra volta. Ho due figli, all’epoca adolescenti, avevano già perso il padre, che poco dopo la separazione è morto improvvisamente in una circostanza tragica e ora sarei morta anch’io. Capita a tutte di pensare solo alle amiche che non ci sono più, vero? E che non faremo parte della numerosa schiera che ce la farà? Ho affrontato i primi momenti, gli esami e le visite in modo completamente sbagliato, ho vissuto tutto da sola, nascondendo la verità il più a lungo possibile alla mia famiglia. Mi sono negata il conforto degli affetti e una spalla su cui piangere al bisogno. Nessuno è perfetto, ma dagli errori bisogna imparare. Dopo l’intervento e alla fine della chemio, ho finalmente avuto il primo contatto con un’associazione della mia città, lì ho conosciuto donne operate dieci o quindici anni prima e mi si è aperto il mondo e la speranza ha fatto capolino. Vivo in un centro di provincia e nel mio ospedale si è accolti come persone in primo luogo e come pazienti poi, si dà molta importanza al benessere psichico e soprattutto si trova sempre qualcuno disponibile ad accogliere qualsiasi paura. Certo, bisogna aprirsi e non vergognarsi di esprimere i propri sentimenti. Si scopre di non essere uniche ma di avere una nutrita compagnia. Sarà banale, ma il detto “mal comune…” in questo caso non esageriamo, non è mezzo gaudio, ma condividerlo con chi ha avuto la stessa esperienza aiuta tantissimo. Oggi sto bene, sono attiva nell’associazione, partecipo alla RACE di Bologna da quattro anni e a quella di Brescia da quando è nata, spero di aggiungere il prossimo anno anche quella di Roma. Indosso con orgoglio la maglietta rosa perchè non posso e non voglio nascondermi. Voglio far sapere a tutti che sono ancora qui, più forte di prima, che mi voglio bene e che voglio bene a tutte le amiche in rosa. E’ come se fossimo un po’ parenti! A chi sta lottando auguro di avere sempre un obiettivo da raggiungere e di non perderlo di vista nemmeno un minuto, è solo così che non si muore dentro (secondo me). Un abbraccio.