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Pierluigi Cacciamani

17 Febbraio 2020

Ciao, sono Pierluigi uno dei tanti volontari di Komen Italia. Il motivo per cui sono diventato volontario è il desiderio di fare qualcosa di più del semplice contributo economico, avendo vissuto tutto il percorso che le guerriere e loro famiglie affrontano per sconfiggere questa malattia allora ho deciso che non potevo rimanere fermo a guardare ma dovevo assolutamente fare qualcosa. Cosa fare? Non sono un medico, non sono un ricercatore ma ho capito che posso fare tanto, posso parlare della mia/nostra esperienza e sensibilizzare le persone alla prevenzione. Purtroppo la parte più difficile è aiutare le persone a superare la paura di fare i controlli, meglio affrontare una collina oggi che dover scalare l’Everest dopo domani. Se riuscissi a convincere una sola persona otterrei un grande risultato perché, se non ha nulla, le permetto di riprendere in mano la propria vita senza più paura, se invece il risultato non è positivo prima inizia la battaglia e prima arriva la vittoria. Ma la mia esperienza può aiutare anche chi è vicino alle Donne in Rosa, altra risorsa importantissima in questa battaglia, aiutandoli a superare il terrore di perdere i propri amori/affetti. A volte basta ascoltare le loro paure, altre testimoniare con la nostra presenza che effettivamente è possibile lottare e vincere, facendo sì che la paura si trasformi in forza da usare per la battaglia ma soprattutto per sostenere le nostre Donne in Rosa nei loro momenti di difficoltà. Non è facile è vero, ma se noi ci siamo riusciti (e noi non siamo Superman e neppure Superwoman) allora anche gli altri possono farcela. Se avessi incontrato un volontario probabilmente non avrei passato tante notti insonni e disperato a pensare come sarebbe stato il futuro di mio figlio e mio senza più sua madre, mia moglie, fino a quando non tocchi il fondo e ti ribelli perché non vuoi e non puoi accettare questo destino. In una di queste notti mi sono guardato in faccia e mi sono detto: Cosa vuoi fare rimanere in un angolo a disperarti e non aiutare la donna che ami e la mamma di nostro figlio oppure affrontare questa battaglia usando tutta la forza e la cattiveria di cui sei capace per vincerla. Ho cancellato dalla mia testa la scritta Game Over. No il gioco non è finito, il gioco continua e ho scelto di lottare. Mi sono messo alla ricerca dell’alleato più forte che potevamo offrirci per questa battaglia ed ho scelto l’equipe del prof. Masetti. Tutto facile? Assolutamente no. Pure scalare una collina bella alta non è sempre facile eppure basta fare un passo dopo l’altro e non pensare a quanta strada c’è ancora da fare per arrivare alla sommità. Arrivati in cima guardiamo giù ripensando alla fatica fatta che viene cancellata dal meraviglioso panorama che ci circonda e ci accorgiamo che poi non è stato così difficile/impossibile. Questa malattia ci costringe a fermarci un attimo e riflettere su quante cose la vita ci offre e cosa realmente significa vivere la vita e ci rimpara ad apprezzare i suoi doni. Ecco un’altra cosa che dobbiamo fare, imparare a spremere da ogni istante che viviamo, bello e meno bello, tutta l’energia necessaria da darci e da dare a tutti coloro che insieme a noi stanno lottando. Questo nostro essere testimoni di un percorso lo possiamo fare tutti i giorni ed in tutti i luoghi non solo durante le manifestazioni organizzate da Komen e/o alla Race. Già la Race dove incontri tanti visi alcuni conosciuti da poco altri da più tempo e tutti lì a festeggiare. Si a festeggiare perché siamo ancora tutti qui a lottare aspettando il giorno della vittoria finale, perché arriverà ne sono sicuro. I momenti più emozionanti io come volontario li vivo alla Race ed in particolare quando incontro le donne in rosa al villaggio e soprattutto quando le accompagno la domenica mattina alla partenza. Trovare le parole per descrivere questa emozione è difficile perché nei loro visi di guerriere rivedo tutto il percorso fatto e che ha permesso di avere ancora il mio grande amore vicino a me e mio figlio, di questo sarò eternamente grato al Prof. Masetti ed alla sua equipe. è stato bellissimo nell’ultima Race accompagnare questa marea di donne in rosa che, nonostante il tempo fosse particolarmente inclemente, erano lì con il sorriso e la forza di testimoniare che si può guarire dal tumore al seno. Entrare a far parte di Komen come volontario l’ho fatto con lo stesso amore, rispetto ed orgoglio con cui si entra a far parte di una famiglia. Una famiglia speciale fatta di donne in rosa, di affetti che le supportano nel loro cammino e di coloro che le aiutano a curarsi. Dobbiamo esprimere l’immensa gratitudine anche alle famiglie delle persone che curano le nostre guerriere ben sapendo che un nostro grazie ed un nostro abbraccio non potrà colmare le ore che i loro cari hanno dedicato alle loro pazienti, ma ritengo giusto oltre che doveroso ricordare anche questo aspetto, perché è grazie alla generosità di queste famiglie che chi cura le nostre donne può farlo al meglio. Non so se ci sono riuscito ma ho cercato di far capire le 4 dimensioni, i 4 punti cardinali dell’essere volontario in Komen. … ed ora scusate ma dobbiamo muoverci, su forza correre, correre. Dove? Ma alla Race for the Cure abbiamo tanti amici ed amiche che ci aspettano e che dobbiamo incontrare.