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Ilaria Sterpa

18 Novembre 2016

Scelgo di raccontare oggi la mia storia, perchè questi giorni di novembre sono diventati “i miei giorni importanti”. Il 17 novembre 2014 l’ecografia che mi ha salvato la vita, il 19 novembre 2015 l’ultima radioterapia. In convalescenza per un intervento abbastanza importante al cuore, sono a casa, da tre notti sogno di non essere in forma, troppo anche per l’operazione subita un mese prima. Mi sveglio, sento un fastidio insolito sotto l’ascella sinistra. Prendo appuntamento, faccio l’ecografia. La dottoressa che la esegue ha la mia stessa età, 29 anni… Chiacchieriamo mentre la sonda passa sul seno destro, poi il suo silenzio… la sonda è sul seno sinistro… giro la testa… e lo vedo. Esco dal centro diagnostico e faccio due telefonate. La prima a mio padre, a lui non sapevo proprio dire che rischiavamo di iniziare la lotta ad una nuova malattia, a distanza di un solo mese… la sua incredulità è ancora nelle mie orecchie. La seconda al mio ragazzo di sempre, che da lì a pochi giorni sarebbe diventato ex. Conosco il mio senologo, l’agoaspirato, il dolore per l’ematoma (il mio seno è grande, era impossibile da prevenire) e la febbre, l’ansia dell’attesa… il risultato della biopsia il giorno prima di Natale: carcinoma. E che si fa? Niente… Torno in ufficio per un appuntamento importante, la sera spiego la risposta alla mia famiglia. Nei giorni successivi festeggiamo Natale, il mio compleanno, capodanno… Il 2014 non ha portato solo problemi di salute, ma anche due stupende nipoti… c’è tanto da festeggiare! La famiglia mi coccola e mi dà sostegno, gli amici si alternano nel passare tempo con me, nel darmi belle notizie… perchè sanno che io traggo energia dalla vita che si rigenera, dal mondo che va avanti. A gennaio l’operazione; a differenza di quel che si pensava il linfonodo sentinella è compromesso. Inizio la chemioterapia, 4 rosse, 12 miste, 31 radioterapie. Al mio corpo succede di tutto… Adatto il mio mondo a questo tutto, divento più lenta, mi ascolto di più, mi do più tempo. Non voglio che la mia vita si fermi, mi arrabbio quando la mia famiglia pensa di dover affrontare la mia malattia stravolgendo tutto in funzione della paura… quello che scopro mi piace. Mi scopro diversa. Mi piaccio nella nuova versione. Lentamente torno alla vita di tutti i giorni, e porto con me chi mi è intorno. Torno al lavoro che ho lasciato solo per i mesi estivi, troppo caldi da passare in ufficio, vado all’Expo, faccio volontariato. Piano piano recupero le mie energie, torno a svegliarmi presto come una volta e, a maggio, per la prima volta partecipo alla Race for the Cure anche come volontaria. E’ l’occasione per conoscere Paola, ha la mia età, ha fatto il mio stesso percorso nei miei stessi giorni. La scorsa settimana sono stata a Berlino, rimandavo questo viaggio da quando ho cominciato a star male nel 2014. E’ stato il mio modo di festeggiare il tempo che mi allontana ogni giorno di più quel sassolino cosi terrorizzante; l’inizio di una nuova storia d’amore; gli occhi di chi mi ama e supporta non più terrorizzati quando mi guardano. Cosa mi ha reso forte? La mia malattia. Oggi mi vedo, vedo la mia vita, e mi amo molto più di prima. Forse sarebbe successo uguale? Chissà. So che quello che sono ora lo devo a quello che ho vissuto. Come faccio a saperlo? Oggi, a due anni di distanza, ho aperto un biscotto della fortuna e dentro ho trovato questo bigliettino: “Anche la partenza fa parte del viaggio, la devi godere.”